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Champagne, il tesoro (ritrovato) di Cécile

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«Non mi chiedo se agisco da uomo o da donna, faccio le cose come meritano di essere fatte». Cécile Bonnefond, bionda e occhi azzurri, è la donna più potente dello Champagne.

Non è sul trono grazie alla sua storia familiare, come altre colleghe che, ha scritto Le Monde, fanno eccezione nel mondo, spesso maschilista, del vino. È alla guida di Charles Heidsieck e Piper-Heidsieck perché quel posto l’ha conquistato. Con il suo lavoro.

«Ho creato un gruppo di donne in Champagne, imprenditrici e manager – racconta – sono professionali, divertenti, affascinanti. Ci incontriamo diverse volte all’anno e parliamo anche di quanto sia difficile conciliare lavoro e vita privata, per uomini e donne. Ma tutti riusciamo a trovare le soluzioni giuste».

Il suo percorso è la rottura degli stereotipi sul pianeta delle bollicine. Aiuta a capire che «la storia dello Champagne è quella di un amore difficile, in contrasto con il glamour delle cantine, i prezzi stratosferici, le modelle. È la storia di una lotta con il clima per trasformare un succo insipido nella più celebre bevanda nel mondo». Parola di Tyson Stelzer, nell’ultima edizione di «The Champagne guide».

Prima di occuparsi di vino, Cécile ha trascorso in Danone cinque anni, per convincere i francesi a sostituire il pane e il latte con lo yogurt a colazione. Poi in Kellog con i corn flakes. Quindi in Grand Metropolitan Food, con i gelati di Haagen-Dazs. Quando è stata chiamata al vertice dello champagne Veuve Clicquot (nell’impero di Bernard Arnault), il leggendario capo della cantina Jacques Peters le disse che «se non fosse stata all’altezza delle sue aspettative entro sei mesi si sarebbe ritirato». L’ultimo incarico nel 2011, da Epi, società della famiglia Descours, che con 412 milioni di euro aveva rilevato i marchi Heidsieck da Rémy Cointreau. «L’obiettivo era, ed è, quello di riportare Charles tra i grandi dopo 20 anni di letargo, l’immagine era intatta, ma il marchio un po’ dimenticato».

Sotto la sua guida il marchio Charles Heidsieck, sta vivendo una seconda vita.

«L’abbiamo rilanciato in diversi paesi: in Italia grazie a Guido Folonari di Philarmonica che lo distribuisce, e anche in Francia, Regno Unito, Belgio, Stati Uniti, Giappone, Australia. Lo si trova solo nelle enoteche e ristoranti migliori, è un vino da boutique. La fretta non è nei nostri geni».

La dimostrazione sono le bottiglie della Collezione OEnothèque in vendita da qualche giorno in Italia: qualche centinaio di esemplari rari e costosi per appassionati, come il Vintage magnum 1981 e 1983, il Blanc des Millénaires 1983 e 1985 e il Charlie 1981 e 1985.

La nuova collezione

«C’era un tesoro dimenticato. Abbiamo salvato il soldato Charlie»,annuncia la manager parigina. Deve molto a tre maestri:

«Jacques Peters di Veuve Clicquot, che mi ha insegnato tutto (anche a sputare!); Régis Camus, talentuoso chef de cave di Piper Heidsieck; e Thierry Roset, chef de cave per Charles, premiato quest’anno come miglior enologo di spumanti».

Per Cécile c’è ancora molto da fare:

«Il mondo dello Champagne non è sessista, ma mentre, da noi, tra i manager la presenza femminile è del 50%, in cantina e in vigna ci sono ancora molti più maschi, ma sono sicura che anche questo dato cambierà».

Come cambia un amore difficile (per lo Champagne).


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